Riflessioni

Del Coronavirus e della narrazione del panico

Del Coronavirus in Italia
Comunicazione efficace

Il coronavirus è arrivato in Italia e ormai non si parla d’altro. In ufficio, per strada, al supermercato, in televisione, nei social network, pure quelli meno frequentati, nelle chat, sulla Luna, nella galassia intera, nelle dimensioni parallele, il coronavirus è l’argomento di discussione principale. Del resto, è arrivato pure qui, nelle pagine di un blog che con il mondo sanitario non ha nulla a che fare, dato che qui si parla di lettura e scrittura, di comunicazione in senso più ampio. Il motivo che mi ha portato a spendere qualche parola virtuale a riguardo è proprio legato al come si sta parlando del virus e della relativa malattia.

Infatti, parallelamente al propagarsi del virus si è propagata la narrazione del virus. Una narrazione che ha di fatto generato un panico diffuso, un’isteria di massa e una psicosi da contagio sproporzionati al contesto. L’allarmismo che molti media tradizionali stanno cavalcando, aiutati in questo dalle condivisioni facili e immediate sui social, contribuisce ad aumentare la disinformazione, rendendo i cittadini incapaci di capire davvero a chi e a cosa credere, gettandoli così ancora più nell’ansia e nello sconforto.

Dov’è finita la responsabilità di chi scrive? Perché ad agire in questo modo, per inseguire i click e le vendite, si contribuisce a danneggiare il tessuto sociale in cui tutti noi viviamo. Proprio in un momento delicato come questo si dovrebbe pensare al benessere, anche e soprattutto quello culturale e psicologico.

Io vivo a Bergamo, quindi sono in quella che è, a oggi, considerata area gialla. Ci sono già stati dei casi di infezioni in città e in provincia e, aggiungo, io attualmente lavoro proprio nell’ospedale di Bergamo, seppur nell’area tecnica e non in quella sanitaria. Nonostante tutto ciò, ho molto più timore per il panico delle persone che per il coronavirus di per sé.

L’Italia è notoriamente un Paese in cui esiste un problema, un grosso problema, relativo alla comunicazione scientifica. Fin dalle scuole siamo tendenzialmente portati a considerare la matematica e le materie affini come noiose e pesanti e questo aspetto si ripercuote nell’età adulta. Sfiducia quasi totale nella scienza, nei suoi metodi e nei suoi rappresentanti, a causa di un’ignoranza generalizzata.

Del Coronavirus in Italia
L’Amuchina è utile anche in caso di attacco zombie, si sa

Non stupisce dunque che quando si parla di tematiche collegate al mondo scientifico, tutto vada un po’ a quel paese. O l’argomento non riesce a far presa sul cittadino per quanto se ne parli e per quanto possa essere urgente e grave (qualcuno ha detto riscaldamento globale?), oppure si va a focalizzare l’attenzione sulla pancia, anziché sulla testa. Perciò anche se è statisticamente più probabile che, ai primi sintomi, si abbia la classica influenza stagionale anziché la COVID-19, tutti vanno nel panico al primo starnuto e si fiondano nei supermercati a comprare qualunque prodotto disponibile, manco fossimo in vista di una guerra termonucleare.

Io ho una formazione scientifica e sono allibito da come si sta raccontando il virus, da come si sta decidendo, comunicativamente parlando, che i lettori, i cittadini, gli elettori debbano reagire a questa situazione.

Questo vuol dire che quello che stiamo vivendo è una passeggiata? No, assolutamente, ma non siamo nemmeno di fronte all’apocalisse. C’è un’emergenza sanitaria e la stiamo gestendo, cerchiamo di restare tutti calmi, perché l’ansia non aiuta nessuno. Inoltre pretendiamo, come cittadini, di essere informati nel modo più ordinato, responsabile e razionale possibile.

Girano, giustamente, regole per la prevenzione dell’infezione da coronavirus (comunque valide a prescindere da esso, anche se sembra così strano doverlo ricordare). Forse ci vorrebbero delle regole anche per la prevenzione della comunicazione del panico:

  1. Rivolgiti alle fonti ufficiali per leggere le ultime notizie (OMS, Ministero della Salute, Regioni, etc)
  2. Allo stesso tempo non inseguire troppo le ultime notizie, non è necessario essere aggiornati al minuto
  3. Applica buon senso e responsabilità
  4. Abbi fiducia negli scienziati e nei medici. Se tu sei la persona più adatta per il tuo lavoro, loro lo sono per questo
  5. Evita le strumentalizzazioni, politiche e non, del caso. Si riconoscono subito, inutile far finta di niente
  6. Abbi fiducia in te, prediligi la tua testa rispetto alla tua pancia
  7. Diffondi una comunicazione efficace, soprattutto nei social e nelle chat
  8. Informati e approfondisci. Capire cosa sta davvero succedendo è il primo passo per non averne così paura
  9. Non interrompere la tua vita per il coronavirus. Segui le indicazioni delle ordinanze ufficiali, ma per il resto agisci normalmente, fermo restando il punto numero 3.
    E soprattutto…
  10. Don’t panic
Don't panic, raga'
Don’t panic, raga’

 

Aggiornamento 03/03/2020: Vi riporto il link a un articolo dell’Istituto Superiore di Sanità sull’importanza delle parole e della comunicazione su COVID-19 e lo stigma sociale che può conseguirne. Dateci uno sguardo a questa pagina!

1 pensiero su “Del Coronavirus e della narrazione del panico”

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