Riflessioni

Anatre nello stagno

Anatre nello stagnoImmaginate uno stagno. Un piccolo specchio d’acqua, con fauna e flora. Se bazzicate il mondo della lettura e della scrittura online – su forum, blog, social, siti o simili – potete pensare a quel mondo come uno stagno. Questo blog fa parte dello stagno, quindi, così come ne faccio parte io, o voi stessi. Diciamo che siamo delle anatre, libere di nuotare e sguazzare in lungo e in largo in questo piccolo stagno che ci circonda. In breve tempo saremo in grado di spingerci verso tutte le sue rive, apprezzeremo e impareremo a conoscere gli altri abitanti dello stagno, sapremo capire a cosa è dovuta una particolare increspatura nell’acqua. Diventerà il nostro habitat e in quanto tale ne avremo una percezione totalizzante: sarà il nostro intero mondo, dotato di dinamiche e limiti ben definiti.

Ora, lo stagno è abitato tanto da noi quanto dagli altri. C’è chi si muove in gruppo, chi cerca l’approvazione altrui in maniera disperata, chi starnazza tutto il tempo facendo un rumore che confonde chiunque passi di lì. Ognuno cerca di muoversi come preferisce, cercando di navigare le acque dello stagno con obiettivi, metodi e atteggiamenti differenti. Ecco quindi nascere pratiche oscure per tentare di accentrare l’attenzione su di sé, definizioni imposte dall’alto per cercare di delimitare il proprio territorio ed ergersi a padrone di quella porzione dello stagno, regole invocate a gran voce per definire quale sia l’unico vero modo corretto per andare a zonzo nell’acqua. Tanto rumore, increspature sulla superficie, onde che si propagano in tutto lo stagno. Essendoci dentro, ci pare che questo mondo sia enorme, complesso, abitato da anatre davvero importanti, se possiedono parti dello stagno o riescono a imporre agli altri il loro modo di vivere nello stagno.
Dal canto mio, preferisco pensare alla parte tranquilla dello stagno, piuttosto che a quella caratterizzata solo da chiacchiere e sconquassamenti.
Cosa fate voi? Che tipo di anatra vorreste essere?

Anatre nello stagnoTuttavia, sappiamo bene che oltre allo stagno c’è un altro mondo. Un mondo affine al nostro, formato da lettori che non vogliono scrivere (come ho detto in un precedente post, qui in Italia paiono esserci più romanzi nei cassetti che romanzi sopra i comodini), persone che non seguono e non conoscono il mondo editoriale del web, gente che non si lascia convincere facilmente dal tanto rumore per nulla di alcune parti dello stagno. Il mondo fuori dal web, ad esempio, fa parte di questo mondo oltre lo stagno. Quando parli dello stagno a qualcuno che non ci vive, ti accorgi presto che tutto quel mondo ritenuto enorme e popolato da personaggi tonanti non è conosciuto al di fuori del piccolo specchio d’acqua. È normale, basta allontanare un attimo la prospettiva, e dello stagno non rimane che un debole riflesso prodotto dai raggi solari. C’è un’intera natura, attorno, un’intera natura a cui si vorrebbe riuscire a puntare.

È complesso. Del resto, noi viviamo nello stagno, il nostro riferimento è quella superficie e i suoi abitanti, i nostri mezzi si possono spingere fino ai suoi confini, ma non oltre. O forse no?
Come possiamo uscire dallo stagno di tanto in tanto? Come possiamo spiccare il volo e andare a farci conoscere al di là della riva?

6 pensieri su “Anatre nello stagno”

  1. Eh, buona domanda. Ho pensato parecchio alla blogosfera leggendo l’articolo, o insomma, a quel gruppo di blog che seguo, frequento o anche soltanto incrocio in rete. Dopo qualche anno mi sono accorto che ”lo stagno” ha limiti definiti, e non capisco se questa cerchia di conoscenze io non riesca ad espanderla perché mi sono bloccato nel curiosare (anche se non mi pare) o perché … boh, perché?
    Ricordo che i primi tempi scoprivo un blog nuovo dietro l’altro, e con lui altri blogger e articoli e tematiche che si intersecavano tra loro. C’era più interattività. Forse il fermento che c’era è calato?

    1. Credo che in questo caso il motivo sia proprio da ricercarsi nel raggiungimento delle “rive”. Se ci penso, alla fine la blogosfera sembra più grande di quanto sia, ma in realtà le voci che si incontrano si riescono a individuare in poco tempo.
      Poi sicuramente credo ci sia un calo nell’apertura di nuovi blog, perché i social totalizzano molte più visite, quindi una volta raggiunte le “rive”, non si avrà mai la scoperta di qualcosa di nuovo. 🙂

      1. Quindi le rive più o meno le conosciamo dici? Uhmm… io spero invece sia molto più grande lo stagno. Non è divertente così sennò!
        Per i nuovi blog… eh, che ti devo dire. Secondo me è passato di moda. Tanti credono sia addirittura a pagamento l’apertura di un blog. o.O

  2. MI sono chiesto spesso se la autoreferenzialità di tanti dei nostri mondi non sia davvero il peccato che ci portiamo addosso, ergendoci spesso a possessori di una verità che non esiste… o è talmente provinciale da farci apparire ridicoli. Non so… non credo sia solo un problema di ipertrofia del social 2.0… infondo anche lì la banalizzazione del tutto che si riduce ad un like trasforma quell’oceano in una pozza superficiale da atraversare a piedi

    karasho.org (editoria artigiana)

    1. Sai, non sono del tutto sicuro che il mondo social sia davvero un oceano. Certo, sicuramente sulla carta lo è, per le sue potenzialità. Tuttavia credo che vi siano enormi limiti anche nello stagno dei social, su quanto in là ci si riesce a spingere senza dover ritrovare sempre le stesse persone. Alla fine, sarà pure vero che i social sono enormi, ma se in un dato ambito tutti li usano nello stesso modo va a finire che ci si conosce tutti e quello che sarebbe potuto essere un oceano in potenziale rimane comunque un piccolo stagno.
      Quello che mi chiedo è proprio come riuscire a usare i social, o in generale qualunque strumento abbiamo a disposizione, in modo da sondare l’oceano oltre quello stagno.

      1. Credo che quel che tu ricerchi sia una utopia… fatti i social dovremmo fare i “socialisti” sprovincializzare gli approcci, far cadere le invidie e le diffidenze, rompere gli steccati che – per esempio – vedo nel mondo dell’editoria amatoriale o artigianale… mettiamola così, dovremmo sgrezzarci da tutta una serie di limiti che ci fanno utilizzare il social con le stesse logiche con le quali ci approcciamo alle conoscenze nella vita, replicando dinamiche che con il fine e l’uco nativo dei blog o dei social nulla hanno a che fare…

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