Questo racconto breve fa parte del progetto Narrativa anti-coronavirus: racconti gratuiti per superare la pandemia. Si tratta di un’iniziativa per distrarci, rilassarci un po’ e non pensare alla situazione in cui siamo. Per divertirci, anche. Tutti i racconti sono ideati, scritti e pubblicati durante queste giornate, appartengono a generi diversi, ma come elemento costante hanno l’ambientazione: sono tutti ambientati entro i confini di una casa.
Piccolo disclaimer: a causa della rapidità di scrittura e pubblicazione sul sito, nei racconti possono esserci imprecisioni, refusi e quant’altro. Me ne scuso, cercherò di sistemarli nelle revisioni future. Spero possiate comprendere la situazione.
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IL SERVER DEI SOGNI
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Quando Paola richiuse la porta dell’appartamento dietro di sé, iniziò subito a sentirsi meglio, più leggera e rilassata. La settimana lavorativa in ufficio non era stata delle migliori e quel giorno, un venerdì freddo e piovoso di metà febbraio, era stato particolarmente frenetico e stressante. Non era riuscita nemmeno a fare una pausa pranzo decente, rifugiandosi nel tramezzino impacchettato dentro il distributore automatico in corridoio. Ordini di qua e di là, documenti da validare, faldoni da sistemare, un paio di riunioni e si era fatta sera senza rendersene praticamente conto. Però adesso era a casa, con la prospettiva del weekend di fronte a lei.
«Bentornata, amore!» le urlò Marta.
Un delicato profumo di zuppa arrivava fino all’ingresso, Paola si ritrovò a mettere la mano sulla pancia, sentendo lo stomaco brontolare.
«Ciao, oggi giornata folle» rispose, girandosi per chiudere a chiave.
Avanzò lungo il disimpegno, gettando la borsetta sul tavolino e appendendo alla parete il cappotto color vinaccia. Nel corridoio, attraverso la soglia della cucina, apparve la frangetta bionda di Marta, un largo sorriso al di sotto del velo di lentiggini sul naso.
«A tavola mi racconterai, ora vieni qui e salutami come si deve, screanzata.»
Paola sorrise e le andò incontro, cinse la sua vita con le mani, attirandola a sé, e la baciò. Avvertì un vago sapore di spezie, probabilmente le stesse che in quel momento impreziosivano la cena sui fornelli.
«Ciao» disse poi, guardandola dritta negli occhi azzurri.
«Ciao a te, bella» rispose ridacchiando la cuoca di casa, tornando nel suo regno.
Paola si appoggiò allo stipite, osservando il grembiule con su scritto “Kitchen Bitch” che le aveva regalato per l’ultimo compleanno. In quel momento alcune macchie verdi e gialle spiccavano sul tessuto bianco. Sotto di esso, notò che indossava un maglioncino grigio.
«La tua giornata, invece?»
«Oh, tutto bene. Ho buttato giù un po’ di articoli e ricette per quei portali web che mi avevano contattato la settimana scorsa, ricordi?»
Paola annuì, fece qualche passo e rubò un gambo di sedano da una ciotola.
«Poi ho sistemato il video dell’altro giorno e l’ho inviato in approvazione al comitato. Vediamo che dicono» proseguì Marta, dandole ora le spalle e rimestando nella pentola.
«Lo approveranno di sicuro, vedrai.»
«Mah, non so. È buono, ma è così buono?»
«È così buono, rilassati» la rincuorò Paola abbracciandola alle spalle.
Da sopra la sua spalla diede uno sguardo in pentola, la zuppa fumava lentamente, un mix di odori le entrò nelle narici. Qua e là vide emergere fagioli e patate. Si voltò verso destra e stampò un bacio sulla guancia della ragazza.
«Vado di là al computer, tu continua pure a cucinare.»
«Non metterci troppo, è quasi pronto.»
«No no, devo solo scegliere lo streaming di stanotte.»
«Ah.»
«Cosa c’è?»
«Anche stanotte?»
«Be’, sì, direi di sì. Poi con la settimana che è appena finita, sai. Perché?»
«Speravo che oggi potessimo passarla insieme…»
«No. Sì. Cioè, certo, ma poi… Ne ho bisogno, mi capisci?»
La sentì sospirare, Marta sfuggì all’abbraccio per andare a disporre alcuni pomodori sul tagliere in vetro.
«Ma sì, sì, ti capisco. Va bene.»
Paola archiviò la risposta pur sapendo che per la sua ragazza la faccenda non era per niente stata archiviata. Avrebbe voluto risponderle, farle capire meglio la situazione, ma in realtà, dopo quella battuta, la sua mente era andata subito al portatile in salotto. Non riusciva a non pensarci. Finendo di sgranocchiare il sedano, si incamminò fuori dalla cucina.
Marta tremava. In mano aveva il coltello, pronto per affettare i pomodori, ma dovette posarlo e respirare a fondo, dato che non riusciva a tenerlo ben dritto. Dal soggiorno le giunse il rumore di avvio del computer e una strisciata della sedia sul pavimento. Cercò di calmarsi, prese la tazza bianca con disegnato sopra l’unicorno metallaro e sorseggiò il tè che aveva preparato pochi minuti prima. Il calore attraverso la ceramica diffondeva nei palmi delle mani e inoltre si faceva strada, liquido, nel suo corpo. Gli aromi di vaniglia e cocco le solleticavano il naso, più invitanti come odori di quanto lo fossero effettivamente come sapore. Almeno così riuscì a rallentare l’agitazione, le mani tornarono calme.
Non poteva non pensare a quello che stava accadendo dall’altro lato del corridoio. Qualcosa che forse stava andando oltre un qualche limite che né lei né altri, forse, sapevano individuare. Onestamente, non aveva proprio idea di come affrontare il discorso con Paola e, allo stesso tempo, non sapeva a chi avrebbe potuto chiedere aiuto o consigli. Aveva provato a controllare online, ma a quanto le era sembrato di capire, non c’erano controindicazioni in quello che la sua ragazza stava facendo. Né, pareva, erano mai stati registrati casi simili alla situazione che stava mettendo in allarme Marta. Tuttavia non riusciva a darsi pace. La mancanza di riscontri ufficiali non era sufficiente a quietare i pensieri e le preoccupazioni, l’assenza di pareri negativi nel mondo scientifico non la rincuorava.
Come poteva fare, non avendo nessun elemento a disposizione? Erano tutte congetture, le sue, senza alcuna prova evidente. Prova o non prova, comunque, lei se lo sentiva. Qualcosa non stava andando nel verso giusto.
Sui fornelli la zuppa bolliva, borbottando sommessamente. L’orologio appeso alla parete sopra il tavolo rintoccava pian piano i secondi. Il frigorifero grigio ronzava, ricoperto di calamite e stampe delle fotografie dei loro viaggi. In un punto c’era Marta a braccia aperte davanti alle piramidi, in un altro un selfie di entrambe, sorridenti, su una spiaggia di Ibiza. Negli occhi verdi di Paola riusciva a scorgere la sagoma dello smartphone che aveva in mano, tra i suoi capelli castani alcuni granelli di sabbia. Una lacrima solitaria solcò la guancia di Marta.
Il logo del sistema operativo scomparve, lasciandola di fronte al desktop. Paola fissò immediatamente l’icona della connessione in basso a destra e appena ne vide la spunta verde avviò il browser. Seduta a gambe incrociate sulla sedia, agguantò il mouse e portò il cursore sulla scritta di uno dei siti salvati tra i preferiti: “Il Server dei Sogni”.
Cliccò e attese qualche secondo.
Si aprì la solita schermata nera, nella quale le uniche scritte erano quelle per registrarsi o per accedere con l’account. Paola confermò il completamento automatico dei campi e cliccò sul tasto “Accedi”. Il database venne caricato all’istante, introducendola, come ogni volta, al mondo dei sogni in streaming digitale, l’ultimo ritrovato in campo di neurobioinformatica o qualunque fosse la branca che aveva prodotto quella tecnologia. Paola non ne aveva mai approfondito la natura scientifica, ma ne era diventata comunque un’assidua consumatrice.
Scrollò con la rotella saltando i generi a cui non era interessata quella sera, come il sogno a tema storico o quelli in lingua straniera. Andò nelle tendenze, aprì alcune schede e con la stessa rapidità le richiuse appena lesse la trama del sogno.
“La gente non sa proprio cosa sia un sogno di qualità.”
La sua attenzione venne attirata da una voce in grassetto arancione, il formato dedicato ai sogni con il maggior numero di riscontri. Cliccò sopra il titolo e osservò il contenuto della scheda. Quattrocentododici recensioni, con un voto medio di nove stelle su dieci.
“Ammazza. E che è, questa roba?”
La sinossi del file onirico prometteva grandi cose: una crisi politica metteva a rischio una cittadina, ma allo stesso tempo faceva emergere opportunità valide per chi avrebbe avuto la forza di coglierle. Il testo concludeva con una domanda scritta con i caratteri a una dimensione maggiore: “Il sognatore sarà in grado di salvare la città?”.
“Uhm, vediamo che dicono.”
Paola controllò prima le recensioni migliori. Lodavano la qualità dei dettagli e la complessità della trama. Saltò le recensioni intermedie e andò direttamente a scrollare quelle peggiori, focalizzate invece sull’eccessiva presenza di pubblicità all’interno del sogno.
“Vabbè, direi anche chi se ne frega della pubblicità.”
Portò il cursore del mouse sul tasto “Acquista”, cliccò e attese il caricamento dell’intermediario finanziario. La procedura le venne confermata da una grossa spunta blu, poi il tasto si trasformò in “Invia al dispositivo”. Paola fece di nuovo clic su di esso, vide la grafica riempire lo sfondo del pulsante come se fosse un bicchiere d’acqua e poi tutto tornò normale. Dalla camera da letto le giunse un forte bip di conferma.
Marta versò nelle scodelle la zuppa, mise di nuovo il mestolo all’interno della pentola e si sedette. Col cucchiaio iniziò a mescolarla, mentre Paola si era già inchinata ad assaggiare.
«Mmh, buona! Brava, tesoro.»
«Grazie. Ho sentito che hai comprato il sogno per stanotte.»
«Uhm, sì, una roba super consigliata. Speriamo sia bello.»
Assaggiò anche lei la cena, assaporando i gusti, separandoli. Ne convenne, era uscita buona. Guardò in direzione della sua ragazza, ma era china sulla scodella per mangiare.
«Non capisco perché non puoi dormire come me stanotte.»
«Lo sai che non mi piace più sognare in maniera spontanea.»
«Naturale, vorrai direi.»
«Spontanea. Nei sogni spontanei è tutto caotico, non c’è filo logico. Iniziano e magari non finiscono. Oppure, e forse è pure peggio, finiscono senza essere mai iniziati. E poi tu te li ricordi i tuoi sogni, quando ti svegli?»
«Alcuni. La maggior parte delle volte no, comunque. Ma va bene così.»
«Ecco, sì, vi andrà pure bene così. Però io li ricordo tutti, quelli trasmessi. È meglio.»
Marta finalmente riuscì a incrociare gli occhi di Paola, in essi leggeva una certa fretta.
«Quanto dura quello che hai comprato?»
«Tutta la notte, credo, non lo posso sapere.»
«Ok.»
Lasciò cadere il discorso, continuarono a cenare parlando delle email che aveva ricevuto in seguito alle ultime ricette che aveva pubblicato. Poi le chiese più dettagli della sua giornata in ufficio, ascoltò, le raccontò una barzelletta, la osservò ridere, rise insieme a lei.
Paola si alzò per sparecchiare, mentre Marta rimase in soggiorno, spostandosi sul divano. Riflettendo, osservando la ragazza fare avanti e indietro dal tavolo alla cucina. Sperando di sbagliarsi su quello che secondo lei le stava capitando. Desiderando che l’amore della sua vita non stesse davvero sviluppando una dipendenza da sogni.
Paola si ripulì con l’asciugamano e infilò la testina dello spazzolino elettrico nel contenitore. Lasciò accesa la luce e fece spazio a Marta, rivolgendole un mezzo sorriso e accarezzandole il braccio mentre le passava accanto. Poi, mentre dietro di lei sentiva di nuovo ronzare l’apparecchio, si diresse in camera. Si spogliò, poi dalla sedia afferrò maglia e pantaloni e si infilò sotto le coperte. Nella stanza la luce filtrava attraverso le tende della finestra, sul comodino un dispositivo bianco a forma di parallelepipedo con un singolo LED verde sul davanti, sopra di esso una scatolina di plastica trasparente.
Si girò di lato, prese quest’ultima e l’aprì. Con due dita, delicatamente e uno alla volta, staccò i due trasmettitori adagiati all’interno e li portò sulle tempie. Si illuminarono per pochi secondi di verde, poi tornarono al loro colore ordinario, il bianco. Il parallelepipedo emise un bip nel silenzio della stanza, poi iniziò a inviare i dati che Paola aveva acquistato poche ore prima. Gli occhi diventarono pesanti, si chiusero quasi da soli. Paola si addormentò, pronta a salvare la città.
I raggi del sole la svegliarono. Marta allungò la mano verso destra e si rese conto di essere sola a letto. Voltò la testa, le coperte dal lato di Paola erano aperte. Sul comodino spiccava l’archivio dei sogni con la sua lucina verde e la scatolina dei trasmettitori ben riposta sopra di esso.
«Amore?» chiese nel nulla.
Qualche secondo dopo sentì i passi in corridoio, rapidi, come se Paola stesse saltellando, piuttosto che camminare.
«Buongiorno, bella addormentata!»
Marta si girò verso l’ingresso della camera, la ragazza le stava sorridendo dalla porta. Non indossava più il pigiama, ma una maglia grigia e un paio di vecchi jeans. A giudicare dai capelli, doveva anche essersi fatta la doccia.
«Ti sei alzata presto.»
«Il sogno è finito prima del previsto, non volevo rigirarmi nel letto col rischio di svegliarti. Sono andata a leggere un libro di là.»
«Mmh. Era bello?»
«Sì, direi di sì.»
Marta si mise a sedere sul materasso, osservando Paola avanzare a brevi passi nella camera. La maglia sfilò via attraverso il collo, fluttuando poi sul pavimento. I jeans vennero sbottonati e scivolarono giù a terra. Quando arrivò proprio di fronte a lei, ormai indossava solo le mutandine nere. Si inchinò e la baciò.
Scivolò giù di nuovo sul letto, abbracciando la fidanzata, accogliendone la lingua e invitandola a sdraiarsi sopra di lei. Il bacio continuò per qualche secondo, poi si staccarono, la mano di Paola le accarezzò i capelli biondi.
«Buongiorno, amore.»
«Fossero tutti così, i buongiorno» rispose Marta.
«Oh, be’, possono anche essere meglio di così.»
«Ah sì? Meglio?»
«Meglio, meglio. Assolutamente meglio.»
Paola cominciò a scendere, infilandole le mani sotto la maglia del pigiama, accarezzandole il costato, la vita, soffermandosi sull’ombelico. La sentì afferrare l’elastico dei pantaloni, alzò il bacino per permetterle di sfilarglieli. Marta osservò la chioma castana della ragazza china su di lei, mentre anche le mutandine venivano lanciate fuori dal letto. Riuscì a incrociare lo sguardo di Paola per un secondo, poi la vide scendere in mezzo alle sue gambe.
Di nuovo davanti al computer, collegata a “Il Server dei Sogni”. Scrollando annoiata schede, recensioni, proposte, discussioni. Sorseggiava un bicchiere d’acqua, in bocca ancora il sapore della pasta del pranzo.
“Questo no. Questo no. Oddio, questo no di sicuro! Questo no.”
«Ancora su quel sito?» domandò Marta, arrivandole da dietro le spalle e fermandosi a lato del tavolo.
«Sì.»
«Speravo che per stanotte…»
«Non è per stanotte.»
«Come non è per stanotte?»
«È per adesso. Voglio schiacciare un pisolino. Mi sento un po’ giù.»
«Sì, be’, me ne sono accorta a tavola, eri praticamente assente.»
«Già. Scusami ora, eh, sto cercando un sogno.»
«Pensavo che saremmo potute andare a fare una passeggiata, magari scegliere insieme un ristorante in cui cenare e poi andarcene a bere uno o due drink. No?»
«Magari un’altra volta, amore.»
Cercò con tutte le sue forze di ignorare il silenzio che ne seguì, saltando da un link all’altro del sito, leggendo le opinioni degli altri sognatori, ma alla fine dovette cedere al richiamo dello sguardo che Marta le stava lanciando.
«Cosa c’è?» domandò bruscamente.
«È sempre un’altra volta, amore, un’altra volta, amore, e poi sai cosa succede, Paola?»
«Cosa?»
«Che non c’è mai un’altra volta! Mai. Non ricordo più quando siamo uscite insieme a fare qualcosa. Siamo giovani, siamo innamorate, dovremmo vivere la vita là fuori.»
«Viviamo la nostra vita, mica non la viviamo.»
«Sì, ma…»
«Scusami, davvero, non mi va di litigare oggi.»
Paola riprese a scrollare nel sito, cercando di chiudere la conversazione con quei gesti.
«Non si tratta di litigare, ma di parlare. Di confrontarsi. C’è un problema qui» le rispose Marta, indicando il computer.
«Be’, allora non mi va di parlare oggi.»
«E quando mai vorresti parlarne, allora?»
Paola fermò il mouse, alzò la testa e la fissò sistemandosi meglio sullo schienale della sedia.
«Magari un’altra volta, amore» le rispose.
Da quello che vide negli occhi azzurri di lei, da quel liquido, capì di aver trovato il modo per troncare la conversazione. Infatti Marta andò via, la sentì aprire l’armadio in camera. A seguire l’anta che venne richiusa e i passi pesanti fino al disimpegno d’ingresso. La porta principale aprirsi e poi chiudersi. Finalmente il silenzio.
“Bene, ora dov’ero rimasta?”
Paola andò a cliccare sui filtri di ricerca del sito. Impostò tutti i generi possibili e spuntò l’opzione per mostrare i sogni con minori acquisti in assoluto. Voleva provare qualcosa di nuovo. Avviò la ricerca e iniziò a scrollare i risultati. Un titolo catturò la sua attenzione: “Vita perfetta”.
Entrò nella scheda del sogno, il campo della trama non era stato compilato ed era presente un’unica recensione con il massimo dei voti. Recitava “Impossibile passare ad altri sogni dopo averlo provato!” ed era stata pubblicata da un account non verificato qualche ora prima.
Tutti questi elementi di norma tenevano Paola molto distante dal tasto “Acquista”, ma in quel momento lo strascico del litigio con Marta e la voglia di sperimentazione le impedirono di trattenersi.
“Ma sì, alla peggio lascio una recensione negativa di quelle pesanti.”
Acquistò e inviò il file onirico all’archivio. Dalla camera arrivò il solito, confortante, bip. Paola strisciò la sedia all’indietro e correndo andò verso il letto.
Quando Marta chiuse la porta d’ingresso alle sue spalle, la prima cosa che avvertì in casa sua fu il silenzio. Era rimasta fuori diverse ore, per far sbollire la rabbia e la tristezza che provava. Non era riuscita del tutto nel suo intento, ma comunque a un certo punto aveva deciso di rientrare. Girò la chiave nella toppa fino a chiudere del tutto, appese la borsa all’appendiabiti e sopra ci fece calare il cappotto. Quel silenzio la metteva a disagio.
Avanzò lungo il corridoio, dalla porta aperta del soggiorno osservò la stanza deserta, il portatile aperto con lo schermo nero. Le piccole luci in basso a sinistra le confermavano però che il dispositivo era ancora acceso. Oltrepassò la soglia della cucina, anch’essa vuota, e si diresse nella zona notte.
La trovò a letto, girata sul fianco, le mani a tirare le coperte. Il parallelepipedo sul comodino aveva il LED colorato di rosso. Era la prima volta in assoluto che Marta vedeva quel colore nell’archivio.
Si avvicinò al letto e sedette vicino alla fidanzata. Mise la mano sulla sua spalla e la scosse leggermente. Sapeva che non doveva metterci troppa forza, per non interferire con la trasmissione dei dati onirici e non rovinare i contatti neurali del sognatore.
«Paola, Paola, svegliati. Forza.»
Non ottenne nessun effetto, la ragazza continuava a dormire e a sognare, a tenere le coperte e a respirare pacatamente. Marta rivolse il suo sguardo al dispositivo, quella luce rossa spiccava minacciosa. Si rese conto di non avere la più pallida idea del funzionamento di tutto il materiale e più guardava dentro quel rosso intenso più sentiva montare dentro di sé agitazione e preoccupazione.
Aprì il comodino e tirò fuori la scatola che conteneva tutto il materiale, frugò all’interno gettando via cavi sostitutivi e materiale di imballaggio e finalmente prese in mano ciò che cercava: il libretto di istruzioni. Saltò tutte le lingue del pianeta fino a raggiungere l’italiano. Dall’indice andò direttamente alla pagina dei colori di stato del LED. A quanto diceva il manuale, il colore rosso corrispondeva a “Sovrascrittura in corso”. A giudicare da quel che c’era scritto, però, era un caso più unico che raro, al punto che non c’era nessuna procedura indicata per sistemare la situazione se non il consiglio di verificare il file che era stato trasmesso in streaming, in modo da confermarne l’affidabilità, oppure di chiamare il servizio clienti internazionale.
Marta provò di nuovo a svegliare Paola, le mani sempre più tremolanti. Altre volte era successo che la ragazza fosse rimasta addormentata a lungo, ma comunque era sempre riuscita a svegliarla. Mai era apparso quel LED rosso prima d’ora e mai era successo di non riuscire a svegliarla. Marta si alzò e si diresse in soggiorno, lasciando cadere il libretto di istruzioni.
Arrivata di fronte al portatile, afferrò il mouse e lo agitò velocemente, illuminando di nuovo lo schermo. La pagina del browser mostrava la pagina principale del sito da cui Paola acquistava i sogni. Andò nella cronologia dei pagamenti e individuò l’ultimo acquisto, un sogno intitolato “Vita perfetta”. Cliccò sopra quella voce e la pagina venne caricata.
Non poté fare a meno di sgranare gli occhi e inchinare leggermente la testa in avanti, appena vide la pagina diventare vuota. La scheda era stata rimossa e al suo posto era stato inserito un messaggio dagli amministratori del sito, in cui comunicavano l’inaffidabilità del sogno che era stato caricato online, si scusavano per non essere riusciti a individuarne prima la pericolosità e sottolineavano che, come da regolamento, la responsabilità dell’utilizzo dei sogni era tutta nelle mani degli utenti del sito. Inoltre invitavano a chiamare il servizio clienti del proprio fornitore di dispositivi onirici per qualunque chiarimento e chiudevano il messaggio augurando buona serata.
“Buona serata un cazzo. E adesso come la sveglio Paola?”
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