Scrittura

Riscrittura e censura

Macchina da scrivere
Ultimo modello di macchina da scrivere. Chissà perché siamo passati ai computer.

Qualche giorno fa ho visto “Il pasto nudo“, film del 1991 diretto da David Cronenberg e tratto dall’omonimo romanzo di William S. Burroughs. Film… complesso. Tra le altre cose c’è questo scambio di battute tra due personaggi, due scrittori che si confrontano sul tema della riscrittura:

“Puoi dipingerlo, disegnarlo o scriverlo, poi lo passi a qualcuno, lui legge quello che dici e ci ricava una nuova esperienza. È la sola connessione che hai con quel luogo, capisci? Non puoi riscrivere, perché riscrivere è mentire, ingannare; tradiresti i tuoi stessi pensieri: voler ripensare il flusso, il ritmo e il succedersi delle parole… è un tradimento. È il sacrilegio, Martin, il sacrilegio.”

“Non sono in disaccordo con la tua interpretazione cattolica della mia forte… necessità di riscrivere ogni singola parola almeno cento volte. Quello che tu chiami […], quello che tu chiami sacrilegio è la coscienza. È sacrilegio il non riscrivere il meglio possibile, il non voler riconsiderare da ogni possibile angolazione il tutto, soppesarne ogni aspetto.”

“Ah, sì? E che mi dici del rischio di poter ricensurare i tuoi pensieri migliori? I tuoi più onesti, primitivi, reali pensieri. È a questo che porta il tuo laborioso riscrivere, Martin.”

Possiamo lasciare i personaggi alle prese coi loro problemi e avventure nell’Interzona, mentre noi parliamo un attimo, se volete, dello spunto suggerito da quella conversazione.

Il dialogo evidenzia uno dei temi principali dell’attività di uno scrittore. Si tratta del confronto tra la prima stesura, diretta e immediata, e le successive modificazioni, progressive e ragionate. Per quanto mi riguarda non sono d’accordo con l’idea di affidare alla prima stesura un carattere del tutto anarchico e spontaneo, né ad attribuire unicamente alla fase di riscrittura e editing il solo intervento della razionalità. Se c’è una parola capace di descrivere al meglio l’attività della scrittura, per me, è controllo. La scrittura è controllo. Certo, lasciamo libera la fantasia di creare mondi immaginari, personaggi strampalati, situazioni inverosimili. Tuttavia lo facciamo sempre sotto il più stretto controllo della nostra capacità autoriale. Scrivere non è una questione di pancia, o meglio non solo. Scrivere è anzitutto una questione di razionalità. E questo vale sia per la prima stesura, sia per le successive. Il rischio di un’auto-censura, a mio avviso, non esiste.

Macchina da scrivere
Per avere questo modello di macchina da scrivere dovete lasciare liberi i vostri primitivi pensieri…

Quando scriviamo, lo facciamo seguendo il flusso dei nostri pensieri. Nella prima stesura non c’è solo spazio per gli argomenti che ci stanno più a cuore, per i messaggi che vogliamo trasmettere, per quei nostri primitivi e reali pensieri. C’è spazio anche per i singoli eventi della trama, per il far procedere la storia verso la parola fine. Anzi, direi che c’è più interesse verso questo secondo aspetto, rispetto al primo. È anzi nella riscrittura che ci si può soffermare meglio su quello che il testo deve riuscire a trasmettere. Una volta arrivati alla parola fine, c’è tutto il tempo per riguardare quello che abbiamo scritto senza dover più badare a dover concludere. Possiamo affinare, scolpire quel materiale grezzo per renderlo l’opera che vogliamo. Anche per quanto riguarda i pensieri a noi cari, che possono quindi essere valorizzati, rinforzati dalla riscrittura, perché abbiamo il totale controllo della nostra opera e di ciò che vogliamo dire con quelle parole.

Nel “Pasto Nudo” la perdita della razionalità e del controllo è un passo fondamentale per il protagonista. Si tratta di una discesa progressiva in un vortice di droga, dipendenza e allucinazioni. La scrittura priva di filtri mentali, libera e diretta, caotica. Una scrittura che a mio avviso non si regge in piedi, dato che una qualche forma di controllo sul nostro operato la esercitiamo sempre. Non è la riscrittura, che ci priverà del contatto con il nostro flusso di pensieri riversati in fiumi di parole scritte. E in ogni caso, la materia prima, da sola, serve a poco, se poi non la si vuole lavorare per renderla un prodotto finito.

Cosa ne pensate? Secondo voi nella riscrittura c’è davvero il pericolo di rovinare quello che abbiamo trasmesso al testo con la prima stesura o ritenete che il nostro controllo sia capace di agire al meglio in entrambe le fasi?

5 pensieri su “Riscrittura e censura”

  1. La riscrittura è sacrosanta, abbiamo le prove, ogni giorno, di brutti libri che con una buona riscrittura sarebbero potuti essere molto interessanti.
    E l’idea dell’autocensura è ridicola, un autore scrive quello che intende scrivere (E uno stregone arriva quando intende farlo, direbbe Gandalf xD).

  2. Io sto per mettere mano a un vecchio lavoro. So già che farò una riscrittura pesante, quasi totale, forse. Dopo anni, io sono cambiato e la mia scrittura con me. Non lo riconosco e non lo leggere mai, quindi, se devo metterlo in vendita, devo renderlo attuale, più affine a me. Ma terrò il file vecchio come ricordo di un autore diverso. Magari era un autore migliore, chi lo sa?

    1. Se tu non lo rileggeresti mai, significa che crescendo hai maturato uno stile diverso, che tu stesso reputi migliore del precedente, altrimenti non avresti cambiato. Quindi il miglioramento c’è senza dubbio, non credi? La riscrittura evidenzia anche questo aspetto, un miglioramento rispetto a quello che si era precedentemente creato.

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